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MISSISSIPPI BURNING - LE RADICI DELL'ODIO
(MISSISSIPPI BURNING)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 20 aprile 1989
 
di Alan Parker, con Gene Hackman, Willem Dafoe (Stati Uniti, 1989)
 

Come molti dei film americani in circolazione, MISSISSIPPI BURNING solleva temi e fatti importanti.

Quelli che ispirano il film sono oltretutto autentici: il 21 giugno l964 vennero linciati nel Mississippi alcuni militanti dei Diritti civili, due studenti bianchi venuti da New York, ed un attivista locale. Certo, non era la prima volta che il Ku Klux Klan tentava di opporsi all'avvento delle nuove leggi antisegregazioniste: ma il fatto che fra le vittime ci fossero due bianchi provocò una levata di scudi finalmente nazionale. E da quel giorno l'America si decise a considerare quel genere di avvenimenti qualcosa di diverso dal folclore del Profondo Sud...

L'autore di MIDNIGHT EXPRESS e di BIRDY è una vecchia volpe. Aver tradotto quella svolta civile in una specie d'inchiesta poliziesca, in uno scontro dialettico ed ideologico fra due investigatori dell'FBI (il violento e pragmatico Gene Hackman, ed il legalista Willem Dafoe) è storicamente abusivo (i rapporti di forza, all'epoca, erano ben altri) ma espressivamente legittimo? Storicamente abusivo: poiché, ad esempio, non è vero che i negri di allora fossero ridotti - come nel film - al ruolo di semplici comparse dagli occhi strabuzzati, montoni in attesa di esser condotti al macello. Qualche mese prima dei fatti recensiti, Martin Luther King aveva ricevuto il Nobel per la pace: e se i bianchi scesero a migliaia verso il Sud è anche perché la lotta contro la segregazione era stata ormai avviata dalla popolazione di colore. Cosi come assai dubbia è da considerare la determinazione con la quale i due agenti FBI conducono l'inchiesta: proprio di quei tempi, Newsweek ed il New York Times avevano intervistato Edgard Hoover, sollecitandolo ad intervenire nel drammatico problema. Inutilmente: il gran capo dell'FBI era allora sopratutto occupato a dimostrare l'appartenenza al "comunismo" da parte di Luther King.

Spettacolarmente legittimo? Qui il discorso si fa più sottile: la tesi del regista è che solo con la forza si può vincere la forza. Quando l'agente Dafoe cerca di agire legalmente si ritrova del tutto impotente: l'omertà razzista è sovrana, e la degradazione dei beceri violenti che eseguono i misfatti è la medesima del giudice che finisce per trovare il modo di assolverli. Gene Hackman utilizza invece la violenza e l'inganno: esattamente come quelli del Klan, anche se ovviamente con finalità opposte. Ed i suoi metodi alla Rambo avranno in breve ragione.

È una tesi come un'altra, nel paese del western. Ed Alan Parker, come sempre sopratutto efficace quando si tratta di colpire allo stomaco (impiccagioni e - meno usuale nella convenzione cinematografica - pugni in faccia alle donne), la svolge in modo sbrigativo: una volta sgominata la decina di assassini in circolazione, il problema è risolto.

Condannare la violenza, ma usarla come arte di seduzione? Vecchio litigio, che a noi porterebbe lontano; ed al regista, comunque, non conduce a vette vertiginose. Al gospel finale c'è tutto il villaggio negro. E tanti bianchi: "in questo Paese" - dice il commento - "c'è tanta brava gente". Toh, non ci avevamo pensato.


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